Angelo Zarcone sogna una carriera da pittore ma, per sopravvivere,
accetta lavori saltuari presso case editrici di rotocalchi e album illustrati.
Ed è a lui che viene affidata la realizzazione del primo numero di Diabolik.
Ma immediatamente dopo aver dato il volto al “re del terrore” sparisce
all’improvviso, senza lasciare tracce di sé. In redazione è noto solo con il
soprannome, il Tedesco, e nulla si sa della sua vita privata. Per
rintracciarlo le sorelle Giussani attivano addirittura il celebre investigatore
Tom Ponzi, che però non riesce a fornire notizie, lasciando la sua
scomparsa senza una spiegazione.
Nonostante il clamoroso successo del fumetto e del protagonista,
Zarcone non rivendica la paternità di quello sguardo, diventato nel
frattempo una vera e propria icona.
Suggestive ipotesi e improbabili avvistamenti si rivelano sempre non
veritieri, ma il casuale acquisto di un quadro nella bottega di un rigattiere
riapre la questione e fa luce sul mistero che da sessant’anni accompagna
il primo illustratore di Diabolik.
COME INIZIA IL LIBRO
Alla fine della giornata aveva venduto un solo quadro, proprio quello che riteneva mal riuscito e che nemmeno voleva esporre. Rappresentava la facciata della basilica di Sant’Eustorgio con una strana prospettiva, come se l’osservatore fosse in volo dal lato opposto della piazza. Una sintesi dei tanti schizzi tratteggiati nelle ultime settimane quando, seduto su uno sgabello, aveva trascorso le domeniche davanti alla chiesa, nella speranza che i passanti si interessassero ai suoi dipinti appoggiati al muro.
I fedeli che uscivano dopo la messa per lo più gli tran- sitavano davanti senza nemmeno badarvi. Qualcuno rallentava il passo e si fermava giusto il tempo di un’occhiata distratta, raramente gli rivolgevano la parola, pochi chiedevano i prezzi, nessuno comprava. Aveva già deciso che quella sarebbe stata l’ultima domenica. Doveva far- sene una ragione: i suoi soggetti non piacevano. Un’anziana signora invece era tornata indietro e si era messa di fronte alla tela.
«Io sono nata qui nel quartiere e in questa chiesa ci sarò stata un milione di volte. Mi ci sono sposata e ho battezzato i figli. E dopo c’ho fatto anche il funerale del mio povero marito,» aveva detto facendosi il segno della croce.
«Bello come l’ha colorata. A me piacciono i quadri, ne ho anche uno col Duomo. Ma questo qui quanto costa?»
La trattativa era andata avanti a lungo e alla fine Zarcone aveva ceduto, accrescendo ulteriormente il malumore di una giornata già cupa
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