DI COSA PARLA IL LIBRO

Quando nel 2000 scrissi questo romanzo non potevo immaginare che le elucubrazioni provocatorie del protagonista si sarebbero materializzate nella realtà italiana. Il mio personaggio è un trentenne che decide di allontanarsi dalla società per rinchiudersi volontariamente in una casa di cura per malattie mentali. Al riparo da quella che lui giudica una vita convulsa e scriteriata, incomincia a sparare a raffica su alcuni aspetti della società che ha già avuto modo di conoscere. Lo fa usando argomentazioni surreali, grottesche, beffarde. Ma ciò che in quell’anno mi erano parse solo  bizzarrie sono state ampiamente superate da ciò che è accaduto.

DICHIARAZIONE DEL PROTAGONISTA

( Nella quarta di copertina compare una sorta di auto dichiarazione del “matto” circa l’origine del libro. Ovviamente si tratta di assurdità in linea con il registro narrativo! )

Questo libro non sarebbe mai uscito senza l’intervento della Cassazione. Difatti il ritrovamento di un quaderno sepolto nel parco di una casa di cura per malattie mentali, ha scatenato una complicata vicenda giudiziaria. Gli attuali gestori della clinica, un tempo chiamata Villa Fiorita, si erano dichiarati contrari a ogni forma di divulgazione. Di diverso avviso gli eredi del malato, che invece ritenevano ben chiare le intenzioni del loro avo. Una prima sentenza del tribunale aveva autorizzato la pubblicazione, ma a pochi giorni dalla stampa si sono opposti i discendenti delle persone citate nel testo. La questione ha raggiunto vari gradi di giudizio e non avrebbe trovato sbocchi se non fosse intervenuto un lontano erede di Rino Cuccillo, alias mago Asmodeo. Nel testamento figuravano precise disposizioni, oltre a un cospicuo finanziamento, per trasformare il quaderno in libro. La Cassazione ha posto fine alle dispute stabilendo che l’autore fornisce “una libera testimonianza del mondo che ha conosciuto, ancor più significativa se consideriamo trattarsi di un povero demente. Pertanto nulla osta che possa avere pubblica diffusione. E se poi trovasi uno stanziamento atto alla trasformazione in libro, ebbene non ci riguarda né poco, né punto”. Risolti i problemi legali, si è dunque provveduto a stampare il testo integrale. Un’ultima nota. La copertina avrebbe dovuto essere patinata in oro e l’edizione lussuosa, come indicato dal finanziatore. Tuttavia l’ultimo erede aveva investito il lascito in titoli azionari di aziende operanti nell’alta tecnologia e ha corso il rischio di perdere l’intero capitale. Pertanto è già un miracolo che il libro abbia visto la luce.

COME INIZIA IL LIBRO

Sono uscito di testa il sei settembre del mille e novecento novantanove. Lo ricordo bene perché era il giorno del mio trentesimo compleanno. La mia  data di nascita ha sempre provocato ilarità.  Quando dovevo dichiararla, i presenti sorridevano ammiccanti per via del volgare riferimento ad una posizione del Kamasutra, per altro nemmeno troppo originale. Ve ne sono di più interessanti e acrobatiche, ma la gente si accontenta di poco per sghignazzare. E così mi son portato dietro quella data ( sei, nove, sessantanove) come se fosse una colpa o un difetto fisico. A dir la verità dovrei ammettere che non sono mai stato del tutto normale e che già da bambino avevo comportamenti inusuali. Probabilmente fu l’approssimarsi del nuovo millennio a provocare la crisi irreversibile. In effetti  avevo sopportato a fatica la parte finale dell’ultimo secolo e non sarei stato in grado di proseguire oltre.  La sera dell’esplosione di follia stavo aspettando Samantha Deborah per cena…

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CURIOSITÀ 1

Prima di essere una fermata della metropolitana, Villa Fiorita era nota agli abitanti del nord est della provincia milanese come casa di cura per malattie mentali ( Foto 1) . Ecco perché ho ambientato il romanzo in una clinica con questo nome.

CURIOSITÀ 2

Proprio a partire dalle “Lumache non bevono vino” nel corso degli anni ho creato un elenco di indirizzi di lettori che mi avevano scritto e di persone che, per qualche motivo, avevo incontrato in rete o durante le presentazioni dei miei libri. Al gruppo, che si è andato infoltendo nel tempo, avevo dato il nome di  “AMICI di Villa Fiorita”. Per dieci anni ho inviato una mail settimanale sugli argomenti più vari, alimentando dibattiti e commenti, e restando così sempre in contatto con un universo composito di persone. I social network hanno poi determinato un cambiamento sostanziale nel modo di comunicare e la mail del venerdì alla fine ha concluso il suo ciclo. Non però gli “Amici di Villa Fiorita”. Quelli ci sono sempre e non vedo come possa essere diverso.